Tecnologia e design devono dialogare fin dal progetto

Erica Giordano

Ricoh Italia

"Ricoh è un Workplace Integrator specializzato nella progettazione e nell’allestimento degli spazi di lavoro: integra soluzioni tecnologiche pensate per migliorare il benessere e l’esperienza delle persone. Per farlo, lavoriamo in sinergia con architetti e designer, integrando la tecnologia in modo coerente, funzionale e sostenibile."

 

Erica Giordano è AV Solutions Architect in Ricoh Italia e racconta l’expertise dell’azienda nella progettazione degli spazi e la propria esperienza personale, tra architettura, ascolto dell’utente finale e visione progettuale.

Chiara Benedettini - Quale tra le vostre realizzazioni recenti rappresenta al meglio il vostro metodo di lavoro e la vostra visione progettuale?

EG - Ne cito due. Il primo riguarda IMCD, un’azienda che produce materiali chimici. Per loro abbiamo realizzato un ambiente immersivo all’interno della nuova sede: un corridoio lungo 12 metri con contenuti visivi personalizzati, audio e stimoli sensoriali. Uno spazio secondario è diventato così uno strumento di comunicazione efficace, capace di coinvolgere il cliente.
Il secondo è una Board Room progettata per un’azienda di Roma, abbiamo realizzato sistemi di visualizzazione con LEDwall all’avanguardia, controllo, regia e, soprattutto, di integrazione in arredi davvero particolari, tra cui un tavolo di marmo di grandi dimensioni nel quale abbiamo alloggiato – a scomparsa ovviamente - le tecnologie per la collaborazione. Anche in quel caso, la collaborazione con architetti e progettisti d’interni è stata determinante.

 

Pietro Conte - Cosa è per Lei, e per Ricoh, il dialogo tra tecnologia e design?
EG
- Per me è un processo continuo e reciproco. Il design dà forma alla tecnologia, la rende comprensibile, accessibile, la avvicina alle persone. Senza design, la tecnologia rischia di restare fredda e astratta. Ma vale anche il contrario: la tecnologia offre nuovi strumenti al design, ampliando i confini delle possibilità progettuali. La tecnologia non è nemica del design. Se affrontata con il giusto anticipo e con un approccio integrato, può valorizzare gli spazi ma serve dialogo, collaborazione e un po’ di umiltà da parte di tutti i professionisti coinvolti.  Quando la tecnologia arriva dopo, si rischia di forzare soluzioni che non sono né esteticamente gradevoli né funzionali, possono generarsi costi aggiuntivi. Un altro punto critico è la certificazione dei materiali, soprattutto quando si lavora con la pubblica amministrazione.
 

PC - Accade che tecnologia e arredo procedano su binari paralleli. Quale può essere il contributo dei System Integrator per riavvicinarli?

EG - Non solo è auspicabile, è necessario riunirli. Viviamo e lavoriamo in ambienti sempre più intelligenti: casa, ufficio, hotel. L'integrazione deve essere organica e coerente, fin dalla fase di progetto.  Cerchiamo di facilitare questo dialogo tra progettisti e fornitori, proponendo soluzioni che tengano conto sia delle esigenze tecnologiche sia di quelle estetiche e funzionali. Il nostro ruolo è anche culturale: portiamo consapevolezza tecnica e aiutiamo a far convergere mondi diversi in una visione comune.

1. Corridoio immersivo dell'azienda IMCD. (Photo Credits: Progetto Design & Build Gruppo Progetto CMR) 2. Entrata IMCD. (Photo Credits: Progetto Design & Build Gruppo Progetto CMR) 
3. Sistema di Digital Signage per una sala riunioni.

PC - La User Experience è centrale, ma la tecnologia può essere complessa. Come gestite questo aspetto con i clienti?

EG - Mettiamo al centro l’utente. Chiediamo di parlare direttamente con chi utilizzerà lo spazio, non solo con chi gestisce il budget. È fondamentale capire cosa le persone si aspettano di poter fare in una sala, quali sono le loro abitudini d’uso, e non solo che dispositivi vogliono. Le nostre proposte non sono elenchi tecnici: personalizziamo scenari d’uso integrando la tecnologia con la building automation e gli arredi.

 

CB - Un altro tema emergente è la polifunzionalità degli spazi. Come contribuisce la tecnologia a renderli più flessibili?

EG - Oggi le persone lavorano in maniera dinamica e non necessariamente dall’ufficio, e ci viene richiesto sempre più spesso che gli spazi siano flessibili e riconfigurabili. Per esempio, una sala grande che possa diventare tre ambienti più piccoli, ognuno connesso con gli altri e senza perdere le funzionalità multimediali – ma anche per il lighting, climatizzazione, automazioni ecc. - che sono disponibili nella configurazione plenaria. Questo ha poi un impatto anche sugli impianti, le reti, naturalmente anche sugli arredi.

 

CB - Guardando al futuro: quale tecnologia sarà protagonista nei prossimi anni?

EG - Penso che vedremo una forte evoluzione verso l’intelligenza ambientale. Oggi abbiamo sistemi domotici reattivi, che eseguono comandi. Domani saranno predittivi e adattivi: la luce si regolerà in base all’attività, la stanza riconoscerà chi entra e si adatterà di conseguenza. L’intelligenza artificiale sarà un supporto importante, anche se credo debba rimanere uno strumento. E poi ci sarà sempre più tecnologia invisibile: funzionale, integrata, ma che scompare alla vista. Il design del futuro sarà centrato sull’esperienza, non sull’oggetto.

 

CB - Invisibile, ma presente. Un po’ come il buon design.

EG - Esatto. La tecnologia deve farsi dimenticare per essere davvero efficace. Solo allora sapremo di aver fatto un buon lavoro.

 

 

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